È festa di fede e devozione, di amore a Maria che Messina in maniera ininterrotta le tributa. È festa di un popolo che esprime la sua religiosità con il linguaggio che gli è più proprio, in un coinvolgimento di cuori che vede fedeli, pellegrini, turisti e curiosi giungere da ogni dove. Una diversità che al seguito di Maria diventa armonia.
Affascinati dalla forza del popolo messinese che “tira” la Vara, l’arcivescovo rivolge un augurio: siate “trascinatori di anime e annunciatori di fede”. Due poderose ali si aprono al passaggio della Vara, mentre un tappeto di folla lungo le vie la segue. È un cammino denso di fede e di speranza, di gioie, di fatiche e di attese della nostra gente che l’arcivescovo raccoglie e fa sue, presentandole al Signore per intercessione di Maria.
Ribadisce – come già fatto sotto il cippo della Vara la sera prima – il valore fondamentale della civiltà della vita offesa dalle guerre e dai soprusi dei potenti. Ricorda anche la tragica
vicenda che Messina ha vissuto con l’uccisione di Sara Campanella, il dolore delle due madri che hanno vissuto la tragedia di vedere strappata la vita di lei e di chi, uccidendola,
si poi tolto la vita. Da qui il richiamo ai giovani, perché si sentano sempre sostenuti nella scoperta della propria vocazione alla vita.
Le parole dell’arcivescovo, anche durante il suo messaggio finale in piazza Duomo, sono l’invito a custodire ciò che il cammino della Vara significa: “un momento di forte aggregazione e devozione come la processione della Vara, diventi sempre più spazio di comunione” e che la forza impressa nel lungo cammino attraverso la città, sia “forza di comunione, capacità di professare la propria fede”.